La fotografia sta morendo? Inseguire le passioni

Novembre 30, 2020
La fotografia credono sia morta con l’avvento della tecnologia e dunque dei telefonini a tal proposito mi sento di citare cosa disse Sebastião Salgado ai giornalisti di rolling stone:

“La fotografia ha una funzione più complessa, che è quella della memoria. La fotografia è quella cosa che i tuoi genitori ti hanno fatto quando eri bambino e hanno messo in un album, che magari si sfoglia insieme molti anni dopo e che raccontano la tua storia. Quella fotografia sarà magari un po’ rovinata, un po’ spiegazzata, ma ci sarà ancora quando i tuoi genitori non ci saranno più e la potrai conservare. Tutti fanno fotografie, è vero, ma sono solo un linguaggio della comunicazione.”

La fotografia ferma nel tempo e nello spazio un momento, un modo di essere “ruba l’anima” ed è li per sempre, è reale se l’afferri, se la tramandi e la conservi.

Si tratta solo di stampa? Credo di no, certo! Anche se è il valore aggiunto finale, come il parmigiano sulla pasta al sugo per gli Italiani. Penso che il fotografo abbia una responsabilità grandissima di interpretare l’anima del suo soggetto.

Il fotografo fa da medium tra la sua fotocamera e il soggetto, sia che esso sia animato o meno, si prende la responsabilità di scegliere fra gli scatti quali creeranno una memoria nella gente. Il fotografo ha la responsabilità di interpretare, scegliere, focalizzare, tramandare.

Perciò no, la fotografia non è morta, ma sono morte dentro le persone che non credono più nelle loro capacità e di conseguenza nelle capacità del prossimo. Sono perduti coloro che non vedono che c’è posto per tutti. Perciò direi che sono morti di più i fotografi che la fotografia.

Sei ancora qui perché sei interessato/a a capire come fare? Se ne vale la pena?

Per quanto riguarda al primo quesito, come già saprai non esiste una formula magica, ma ti consiglio di stare allerta sulla rubrica Come as you are-Conosciamo l’ego.

Per il secondo ovvero Ne vale la pena? Risponderti è difficile perché molto personale, il tuo senso di fatica può essere diverso dal mio e così via….In ogni caso tenterò nel darti una risposta anche se risulterà melensa:

Certo che ne vale la pena, anche se a fine mese non ti resterà molto in tasca anche se nei primi anni non potrai viaggiare o uscire a cena, anche se avrai clienti maleducati, anche se non dormirai la notte per capire come risolvere un problema e come andare avanti… Ne vale la pena, certo che si! Perché tutti questi quesiti, arrabbiature, seccature ci saranno anche con un lavoro “sicuro”, senza lavoro e con un lavoro che insomma non ti piace.

Resta da capire una cosa: Quale è il tuo obbiettivo? Cosa ti appassiona davvero? Perché ti appassiona? Cosa vuoi dire? Cosa vuoi lasciare? Come vuoi aiutare?

E si perché ogni lavoro ha come scopo finale l’aiutare, a volte nascosto dietro questa società capitalistica.

Il lavoro dell’artigiano nasceva dalla passione, dalla capacità o dalla famiglia in ogni caso era fatto con amore, pregio e attenzione, dall’idea alla progettazione e alla consegna. C’era amore in ogni difetto e in ogni pregio.

Se sei disposto a scegliere l’amore e abbandonare la paura o il desiderio esclusivo del denaro, allora: Si ne vale la pena!

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